Home | Storia | Chiesa | Archivio Storico |  Attività Sociali | Cariche Sociali | Foto | Video | Rassegna Stampa | Contatti
Lavori di diagnostica e interventi sperimentali a difesa dell'umidità
Direzione dei lavori: Istituto Centrale per il Restauro arch. A.M.Pandolfi dott.ssa M.S.Spampinato

Responsabile del procedimento: arch. A.M.Pandolfi

Restauratore: Elisabetta Sonnino

Periodo di intervento: luglio 2003, aprile 2004

L’intervento effettuato ai dipinti murali dell’area absidale nella Chiesa di S.Eligio degli Orefici in Roma, interessava l’affresco centrale, raffigurante la Madonna con Bambino, a destra la Maddalena, S.Stefano protomartire, S.Eligio Vescovo, a sinistra S.Lorenzo, S.Caterina d’Alessandria e S.Giovanni Battista, la cornice dorata, le lesene laterali con riquadri figurati fra cui a sinistra S.Pietro e a destra S.Paolo e la zona dipinta sottostante il riquadro centrale, considerando di queste parti il restauro completo; mentre su tutta la zoccolatura absidale per un altezza di circa 100/120 cm da terra, si richiedeva un intervento preventivo e parziale, necessario alla protezione dei dipinti durante la rimozione del pavimento e i lavori di risanamento.

Prima fase dell'intervento

Il lavoro prevedeva due fasi distinte: la prima definita di “pronto intervento”, finalizzata alla documentazione dello stato di conservazione dei dipinti, la messa in sicurezza delle aree decorate prossime alla pavimentazione, la protezione dell’altare in marmo, la rimozione a secco dei sali presenti sulla superficie ed infine al posizionamento di teli protettivi sui dipinti dell’abside.

Queste operazioni sono state eseguite come preliminari ai lavori di risanamento della zona dell’abside, lavori che hanno previsto la temporanea rimozione della pavimentazione.

Sempre in relazione a questa fase, la prima valutazione è stata relativa allo stato di conservazione delle zone oggetto dell’intervento ed alla loro documentazione grafica e fotografica.

In proposito, si evidenziava come tutta la superficie, per un’altezza di circa 150 cm da terra, era interessata da un diffuso sbiancamento dovuto sia a polvere depositata sia soprattutto alla presenza di sali, che hanno in varia misura offuscato gli affreschi.

Particolarmente grave il fenomeno di efflorescenza, con disgregazione dell’intonaco, si rilevava nelle parti inferiori, innanzi tutto presso la zoccolatura sinistra, dove alla decoesione si aggiungevano distacchi, deformazioni e cadute di intonaco e intonachino (fig. da 1 a 9).

Le lastrine in marmo verde, che perimetravano inferiormente lo zoccolo, erano in pessimo stato di conservazione (fig. da 1 a 7): molto fessurate ed ovunque incrostate da depositi calcarei provocati dai sali carbonatati in superficie.

Sulla superficie dipinta si sono rilevati molti rifacimenti e ridipinture (tav. 1, 1d , 1s ), realizzate probabilmente a tempera su stuccature scure, di colore grigio/marrone con una granulometria molto compatta. Le stuccature erano per lo più sbordanti sull’originale e molto aderenti ad esso; questa stessa tipologià di materiali, ascrivibili a restauri precedenti è stata poi riscontrata anche nella porzione centrale dipinta contenuta dalla cornice dorata (per una cronologia e possibile datazione di questi precedenti restauri, utili indicazioni ed immagini si trovano sulla pubblicazione “Fabbriche Romane del primo cinquecento” AAVV, che verrà qui più volte citata).

Sollevamenti ed abrasioni di pellicola pittorica, erano diffusi fino ad un’altezza di circa due metri dal pavimento; mentre distacchi di intonaco interessavano anche le parti alte (tav. 1, 1d , 1s). Tuttavia le mancanze di adesione più gravi ed estese erano concentrate nelle zone inferiori al confine con le lastrine di marmo verde, e presso gli spigoli degli angoli evidentemente sottoposti ad urti; in queste parti infatti vi erano ampie stuccature e ridipinture di rifacimento, così come le zone basse dei laterali decorati a grottesche (fig. 4, 7).

Le porzioni laterali di zoccolatura decorata a finto marmo, presentavano ovunque tracce di scialbature e ridipinture, non perfettamente rimosse durante un intervento di restauro precedente. Alcuni di questi frammenti residui erano simili ai due ampi rifacimenti presenti alla base delle grottesche. Inoltre, durante l’intervento, dei saggi di pulitura hanno rivelato la presenza di una zoccolatura a finto marmo originale, che è stata nel tempo, sostituita con ridipinture e poi con le lastrine in marmo verde; queste tracce originali (fig. 14) presentavano anch’esse sulla superficie molto consunta, ancora residui della stessa scialbatura sopra citata, ed erano ricoperte da uno strato di pesante ridipintura nera/bruna realizzata recentemente probabilmente con colori a tempera.
Queste considerazioni consentono di effettuare varie ipotesi:

  1. che la decorazione originale terminava ad una quota più alta dell’attuale;
  2. che le lastre in marmo verde siano una recente aggiunta per tamponare un’ampio scasso retrostante effettuato per inserire fili elettrici (vedi descrizione più avanti);
  3. che in una fase della storia conservativa della decorazione, tali porzioni siano state completamente scialbate e ridipinte (ci si può riferire all’intervento del 1816, anno in cui risultano molti restauri nella chiesa ed in particolare – dal testo “Fabbriche romane del primo cinquecento, AAVV” nelle fonti archivistiche - si riferisce nei pagamenti:  “….per aver ridipinto a pietra diversa tutto il giro dell’arco interno cioè di alabastro verde antico e giallo di siena con suoi filetti e ancora aver dipinto di nuovo tutto lo zoccolo ad uso di pietra liscia e cornici come ancora tutto li giri di contorni che requadrano li  profeti e ancora aver rinfrescato li due pilastri avanti dipinti e ornatini rimessi in essere.”

Sempre nello stesso testo una documentazione fotografica conferma quanto segnalato (vedi foto precedenti al restauro della Soprintendenza del 1951 pag  394 fig 39, 41,

  1. che tale  ridipintura, sia stata rimossa nel 1951,  lasciando tuttavia residui di scialbo sulla superficie.

Dopo la documentazione, sono stati eseguiti dei saggi per la rimozione dei sali, a secco e con acqua deionizzata a tampone evitando impacchi e tempi di contatto prolungati.
Dopo circa due settimane, tutta la superficie dipinta dell’abside, per un’altezza di circa 1 metro da terra, è stata pulita dai sali solubili che la ricoprivano mediante spazzolatura con pennellesse morbide. Le zone laterali sottostanti alle due figure dei profeti, sono state pulite anche con acqua deionizzata, trattando la superficie più volte a tampone.

Le parti dipinte dell’area inferiore della zoccolatura, sono state consolidate e velinate laddove l’intonaco mostrava gravi distacchi, in particolare le zone frontali ed angolari. L’adesione dell’intonaco, è stata ottenuta con infiltrazioni localizzate di premiscelato idraulico (prodotto Ital B1 della Bresciani) e resina acrilica in emulsione per i distacchi più superficiali.
 In seguito sono state velinate le lastre marmoree verdi della zoccolatura, numerandole in sequenza, seppure il loro stato di conservazione era pessimo, mostrandosi lesionate e fratturate in più punti con uno spesso e tenace deposito calcareo.

La rimozione di queste lastrine è stata molto difficoltosa, in quanto in corso d’opera si è constatato che erano ancorate alla muratura con cemento (fig. 12), applicato abbondantemente anche per riempire i vuoti lasciati da uno scavo effettuato per far passare dei fili elettrici (fig. 19, 20).  È stato quindi necessario intervenire più volte nelle stesse zone per.phportare il cemento in modo graduale, al fine di non danneggiare l’intonaco originale circostante.

L&rsquo.phpetto delle lastrine, la presenza di materiali (cemento) e interventi (impianto illuminazione) è stata un’ulteriore conferma che tale finitura marmorea è stata realizzata in tempi molto recenti. Inoltre, come sopra accennato, un saggio di pulitura presso gli affreschi della zoccolatura, ha rivelato la presenza di una decorazione a finto marmo, originale (fig. 14) che è stata probabilmente distrutta nella parte più prossima alla pavimentazione, proprio per far passare i fili elettrici e sostituita con le lastre in marmo verde.

Tali elementi orienteranno la scelta, effettuata nella seconda fase dell’intervento, di non riposizionare più le lastrine, proponendo invece una stuccatura in malta con leggero sottolivello, che consenta una più corretta lettura dell’andamento della decorazione originale.

Al termine del consolidamento, sulla decorazione ad affresco sono state rimosse le velinature (con impacchi di acetone) ed è stata effettuata una pulitura della superficie volta a rimuovere le ridipinture, queste realizzate probabilmente con colori a tempera sono state.phportate a tampone con alcool etilico puro del tipo a 95°.

Al termine delle operazioni di pronto intervento e messa in sicurezza degli intonaci prossimi alla pavimentazione, è stata effettuata la protezione dei dipinti per tutta l’area asidale; allo scopo sono stati utilizzati dei teli in tessuto di cotone a trama fitta, evitando l’uso di plastiche che potevano favorire la formazione ed il ristagno dell’umidità.

Anche l’altare marmoreo è stato adeguatamente coperto con pannelli in poliuretano, pluribaal e pannelli in legno, per preservarlo da possibili urti durante la rimozione del pavimento (fig. da 15 a 20).

Seconda fase dell'intervento

Al termine dei lavori di risanamento e riposizionamento della pavimentazione, eseguiti da un’altra ditta, sono stati rimossi i teli protettivi ed è stata avviata la seconda fase dell’intervento che prevedeva il restauro completo della porzione di affresco centrale e le due lesene laterali. Queste decorazioni si presentavano danneggiate gravemente con molti rifacimenti e ridipinture, inizialmente poco visibili dalla presenza dello sporco e della patina di sbiancamento.
Durante l’intervento si è potuto constatare anche il cattivo stato di conservazione del supporto con una forte decoesione dell’intonachino. In un primo momento, tale fenomeno si pensava potesse riferirsi sostanzialmente alla presenza dei sali ed ai loro cicli di continua evaporazione e cristallizzazione; tuttavia il fatto che la pellicola pittorica, a paragone dello strato preparatorio appariva in discrete condizioni di coesione, è stato valutato dal chimico incaricato dall’ICR dott.ssa P.Santopadre, come un’anomalia, in quanto, precedenti analisi, riferite dall’ing. I.Massari, riportano la presenza di nitrati nella muratura, i quali tendono a fuoriuscire in superficie. Pertanto sono stati effettuati campioni ed analisi proprio allo scopo di stabilire la causa dell’alterazione. Dalla relazione tecnica, risulta che la causa principale della disgregazione dell’intonaco originale, sia dovuta al gesso (proveniente dalle vecchie stuccature e dalle infiltrazioni effettuate per consolidare l’intonaco, più avanti descritte)…”è possibile che condizioni termoigrometriche particolarmente severe possano, occasionalmente, aver mobilizzato il gesso disponibile con fenomeni di solubilizzazione e cristallizzazione ciclica che ha prodotto localmente danni sull’intonaco.”
Generalmente, lo stato di conservazione peggiore si riscontrava nelle zone inferiori. Per le lesene, ad esempio le due fasce verticali con candelabre erano quasi completamente ridipinte fino ad un’altezza di circa 150 cm dal suolo (fig 81, 82, 83). Si ipotizza che tale consunzione sia stata provocata, dal deperimento causato dalla fragilità dell’intonaco e soprattutto da urti accidentali, provocati dal passaggio continuo di persone per accedere nella zona retrostante l’altare. Una ulteriore ipotesi invece potrebbe essere che un elemento dell’altare era in origine addossato in questi punti, cosa che troverebbe conferma dalla forma quasi simmetrica delle lacune. Questo potrebbe essere convalidato da un’attenta osservazione di fotografie precedenti lo spostamento dell’altare (vedi foto archivio ICR o Soprintendenza?).
Ribadendo che l’altare in questione era in origine addossato al tamburo dell’abside, una volta scostato dall’iniziale posizione, è stato necessario rifare la decorazione ad imitazione di quella circostante. Pertanto la zona centrale della zoccolatura con le due specchiature laterali in finto marmo verde (fig 10, 11), sono databili ad altra epoca, così come è frutto di un rifacimento, la grande porzione della cornice, fortemente alterata in verde (fig 27, 28) a causa della presenza di porporina usata per imitare la doratura (per la distinzione di queste porzioni vedi Tav 5d, 5s ).
Su tutta la superficie affrescata, si rintracciava la presenza di un vecchio fissativo (probabilmente una resina acrilica tipo paraloid applicata recentemente forse nell’ultimo restauro) e di una gran quantità di vecchie stuccature, alcune molto ampie ed altre minute, ma diffusissime (vedi Tav 2, 2d, 2s). La gran parte di queste era costituita da una “malta” bruna, a cui però, data la consistenza, è probabile abbiano addittivato qualche legante organico; la stesura di queste stuccature è stata fatta in modo molto approssimativo, senza seguire la planarità della superficie originale, né i reali confini delle lacune (fig 31, 73, 74, 81, 82).
Anche gran parte di queste stuccature presentavano un’alterazione da sbiancamento, seppure meno evidente rispetto alla materia originale circostante, probabilmente proprio a causa della loro inferiore porosità e permeabilità (fig 27, 28).
Sempre in relazione alle stuccature, durante la pulitura è stato possibile distinguere almeno due diversi tipi di materiali utilizzati: uno di.phpetto gessoso, di colore bianco (corrispondente al camp n°2 analizzato) ed un altro di colore grigio/bruno (corrispondente al camp n°3 analizzato) presente in numero maggiore, che in alcuni punti sormontava quella bianca (fig 58, 59).
Un terzo tipo di stuccatura (corrispondente al camp n°1 analizzato) è stata rintracciata solo in alcuni punti, ad esempio presso l’ampia lacuna sopra la figura della Madonna e la lesione della zona centrale, questa era di colore giallo con inclusi scuri (fig 64).
Sulle lesene laterali, anch’esse interessate dalla presenza di moltissime stuccature della tipologia sopra descritta (sostanzialmente quelle di tipo grigio/bruno e solo qualcuna bianca nella parte superiore), vi erano tracce di una vecchia scialbatura non completamente rimossa, riferibile al rifacimento a finto marmo giallo e verde descritto nel testo, “Fabbriche Romane del primo cinquecento”, e sopra citato(vedi nel testo fig 39 e 41 a pag 394), che interessava anche tutta l’area della zoccolatura, delle cornici circostanti i profeti e del sottarco del catino absidale, rimosso in occasione dell’intervento del 1951 della Soprintendenza e databile al 1816.
.In relazione alle sovrammissioni ascrivibili a restauri precedenti, sotto al fissativo sopra citato, si è individuato uno strato giallastro discontinuo presente a chiazze un po’ ovunque, forse residuo di sporco non rimosso o di qualche patinatura alterata. L&rsquo.phpetto di questa sostanza è simile ad una colla e forse la sua estrema tenacia potrebbe essere determinata da un fenomeno di carbonatazione.
Anche per i ritocchi e le ridipinture, si possono rintracciare due tipologie: una più recente (che ricopre le stuccature grigio/brune), probabilmente eseguita a tempera dove per le lacune più ampie è suggerito una sorta di tratteggio, ed un secondo tipo di ridipintura molto tenace e più difficile da caratterizzare perché quasi sempre inglobata in una “resina” scura che si rintraccia anche nelle aree subito circostanti ai rifacimenti.
In proposito sotto le stuccature di tipo bianco e quelle giallastre, la superficie era sporca sia sulla policromia originale, sia dentro la lacuna. Questo potrebbe significare che le stuccature sono state effettuate senza pulire la superficie, oppure che prima di questa fase è stato steso (o era già presente) un “fissativo” che si è poi alterato scurendosi.
Nelle crepe più ampie, durante la rimozione delle vecchie stuccature, si è evidenziata la presenza di gesso inserito per infiltrazione.
Come sopra riportato, sulla grande lesione centrale, erano presenti le tre diverse tipologie di stuccature (fig 64), rinvenute sul resto del dipinto ed è probabile che la lesione abbia subito assestamenti in quanto la stuccatura di tipo grigio/bruno (la più recente) si rintracciava anche nelle fessure della stuccatura sottostante e lungo i bordi a contatto con il dipinto. Dalle osservazioni effettuate in questa zona si può ritenere che: la lesione e la lacuna siano state inizialmente risarcite con la stuccatura gialla e poi quella bianca che nel tempo però si è spaccata così come si sono ampliate e formate altre fessurazioni; di conseguenza è stato iniettato il gesso e poi il tutto stuccato con la malta grigio/bruna.
Sulla superficie dipinta del riquadro centrale, così come sulle due lesene laterali, si sono individuate molte ridipinture e rifacimenti (vedi tav 1); la qualità di tali sovrammissioni era pessima sia dal punto di vista estetico, che conservativo, creando un notevole scurimento con alterazione dei toni, della cromia originale ed occultando molti dettagli pittorici (fig da 21 a 29 e da 32 a 46). Particolarmente mortificate da tale trattamento apparivano le zone più consunte e danneggiate, come la figura di S.Lorenzo (tranne il volto che invece era meglio conservato e quindi meno ridipinto) –fig 25, 43, 44-, la schiena e la zona inferiore del S.Giovanni Battista (fig 25, 23, 27), la testa della S.Caterina ed il putto a lei soprastante (fig 25, 45, 39), l’area circostante le giornate dedicate alla testa della Madonna e del Bambino, che corrispondevano ad ampie lacune di intonaco, compreso il putto centrale interessato da una lesione (fig 38, 40, 57), la zona corrispondente al panneggio sulle gambe della Madonna (fig 24, 28).
Per quanto riguarda le lesene, i rifacimenti pittorici più ampi, si concentravano nelle parti superiori (fig 33, 35, 36, 53) e su tutta l’area decorata con le candelabre (fig da 80 a 83).  In merito ai rifacimenti ed allo stato di conservazione della pellicola pittorica, si può dire, che una valutazione sul suo grave stato di conservazione, si è potuta effettuare solo in corso d’opera e ad una visione ravvicinata; precedentemente infatti, non si supponeva, che l’affresco fosse così danneggiato e manomesso, così pure per l’intonachino originale, decoeso e disgregato.

Il primo intervento effettuato sul dipinto centrale e sulle lesene ad esso laterali è stato quello di rimuovere i depositi incoerenti, sia di sporco sia di efflorescenze saline, mediante spolveratura con pennellesse morbide. Le zone di pellicola pittorica sollevata sono state preventivamente consolidate con infiltrazioni localizzate di resina acrilica in emulsione opportunamente diluita.
Una prima pulitura è stata effettuata con spugnature di acqua e tensioattivo (tipo twin 20), in seguito il vecchio fissativo è stato rimosso a tampone con alcool etilico e con acetone dove la sostanza appariva più consistente.
Dopo aver testato diverse metodologie e stabilito in accordo con la Direzione Lavori il livello di pulitura più idoneo, il sistema adottato è stato quello di effettuare impacchi con ammonio carbonato in soluzione satura, trattenuto in superficie con polpa di carta a cui è stata aggiunta una percentuale di seppiolite, per un tempo di contatto di 30 minuti. La scelta del supportante è del solvente è stata vincolata dallo stato di conservazione della superficie originale, che a causa della fragilità dello strato preparatorio, sopra segnalato, non consentiva una normale azione di strofinamento della superficie per rimuovere lo sporco rigonfiato. Mediante l’uso della polpa di carta e della seppiolite, è stato possibile prolungare il tempo di contatto del solvente sulla superfice, limitandone al contempo un’eccessiva penetrazione e consentendo una più agevole rimozione dello sporco a tampone(fig 65). Sulla superficie così pulita, per garantire la rimozione di eventuali residui di solvente, è stata applicata carta giapponese con acqua deionizzata, fino a completa asciugatura (fig 30, da 49 a 55, 67, da 69 a 71 e da 81 a 83).
Il sistema di pulitura ad impacco, non è stato tuttavia utilizzato nelle zone troppo degradate e con una forte decoesione anche della pellicola pittorica; in queste parti sono stati effettuati impacchi ripetuti della stessa soluzione solvente ma con klennex e per un tempo di contatto di 10/12 minuti,.phportando lo sporco a tampone attraverso la carta. In altre zone invece, dove le sovrammissioni apparivano particolarmente consistenti, come il celo, l’impacco con la polpa di carta è stato ripetuto per altri 30 minuti applicando la soluzione solo dove vi erano ancora residui di sporco (fig . Dopo la prima pulitura infatti, sul celo apparivano delle zone ancora macchiate dovute probabilmente ad una maggiore penetrazione di resine e colle che si sono scurite nel tempo (fig 61, 62).
Le vecchie stuccature sono state rimosse a bisturi e microscalpello e spesso è stato necessario.phportarle gradualmente, per non rischiare il distacco dell’intonaco originale circostante, allo scopo, l’azione meccanica è stata alternata al consolidamento dei bordi sollecitati.
Particolarmente problematiche si sono rivelate le operazioni di consolidamento degli strati preparatori, sia per l’affresco centrale che per le due lesene laterali. La quantità dei distacchi, seppure generalmente di limitata ampiezza, era diffusa; molti di questi, di tipo superficiale erano concentrati presso i giunti di giornata, mentre quelli più profondi si individuavano in prossimità delle lesioni. Tuttavia, a condizionare questa fase dell’intervento, è stata una forte decoesione dell’intonachino, riscontrata ovunque sul dipinto. Per tale ragione è stato possibile utilizzare le malte premiscelate, solo in pochi casi (nei distacchi più ampi e profondi) impiegando invece quasi sempre, una resina acrilica in emulsione molto diluita (al 10% in acqua) ripetendo più volte l’infiltrazione nelle stesse aree.
Allo scopo di evitare un eccessivo accumulo per impregnazione della resina citata, si è cercato, in accordo con la D.d.L., di limitarne l’uso all’indispensabile garantendo tuttavia l’adesione nelle parti più danneggiate o limitrofe a zone di lacuna o fessurazione.
Dopo la completa asciugatura della superficie dipinta (i tempi sono stati piuttosto lunghi, circa 5/6 giorni), è stata applicata a pennello una mano di resina acrilica in soluzione (Paraloid B72) diluito al 2% in diluente nitro.
In seguito sono state stuccate tutte le lacune di intonaco e intonachino; in merito per quelle a livello, reintegrabili è stata effettuata una malta di rinzaffo per le cavità più profonde, con sabbia pozzolanica e grassello di calce (rapp 3:1) ed una di superficie con  polvere di marmo tipo botticino e grassello di calce (rapp 2:1). Per le stuccature da mantenere in leggero sottolivello è stato necessario effettuare preventivamente vari campioni per calibrare la granulometria e la colorazione della malta che, lasciata a vista, meglio poteva accordarsi con la materia originale. Mantenendo un rapporto carica-legante di 3:1 ed utilizzando sabbia pozzolanica con una certa percentuale di bianco botticino; sono state proposte due tonalità di malta che si differenziano fra loro (variando la percentuale del bianco botticino), essendo una leggermente più scura dell’altra, sempre allo scopo di far integrare al possibile le stuccature con la cromia circostante (fig 84, 99, 100, 105, 111, 115).
La reintegrazione pittorica è stata effettuata con acquarelli (tipo Windsor&Newton serie stabile), con la tecnica del tratteggio nelle lacune reintegrabili e per velature sulle zone di abrasione e/o caduta di pellicola pittorica. Il livello di “chiusura” delle parti consunte dell’affresco, è stato raggiunto gradualmente e per fasi successive (fig 85, 86, 87). Lo stato di conservazione dell’opera, lacunosa e consunta, rendeva infatti, la superficie molto disomogenea e squilibrata e questo ha reso necessario proporre un primo intervento, non definitivo, volto a ‘ricucire” le molte piccole cadute di pellicola pittorica e le nuove stuccature a livello; man mano che l’operazione si estendevano a tutta la superficie, migliorando la lettura dell’immagine, è stata intensificata in alcune aree la reintegrazione fino a raggiungere un equilibrio per la lettura estetica della decorazione, fra le parti più integre e quelle più degradate, senza tuttavia annullare tale differenziazione (fig da 101 a 105, da 117 a 120, da 122 a 125).

Un diverso trattamento è stato effettuato nella zona di zoccolatura, sottostante l’affresco centrale; quest’area riferibile ad un intervento di rifacimento, a seguito dell’allontanamento dell’altare dalla parete, era interessata da efflorescenze saline che sono state rimosse con il medesimo sistema adottato per il resto della decorazione.
Per consentire la rimozione delle lastre marmoree del pavimento, è stato necessario realizzare una traccia, di circa 2 cm di altezza, lungo il bordo a contatto con il marmo.
Dopo il riposizionamento della pavimentazione, queste parti, insieme a piccole lacune, fessurazioni ed alle cavità prodotte da precedenti carotature, sono state stuccate e reintegrate con colori composti da terre ventilate a cui è stata addizionata una piccola percentuale di resina acrilica in emulsione. Con i medesimi pigmenti sono state equilibrate le zone laterali, limitrofe alla zoccolatura originale, che erano interessate da ampi rifacimenti maldestramente ritoccati.
Tutta la  zoccolatura perimetrale dell’altare, scavata per rimuovere il cemento, è stata trattata con stuccatura a leggero sottolivello in sostituzione delle lastrine in marmo rimosse (vedi prima fase intervento) – fig 121 -; in accordo con la D.d.L., tale intervento è da considerarsi provvisorio, in attesa di completare il restauro sui dipinti, cosa che consentirà il recupero della zoccolatura a finto marmo originale.

Tecniche di esecuzione

L’affresco centrale e le lesene laterali sono stati realizzati ad affresco su intonaco pozzolanico; le analisi di laboratorio (vedi referto analisi e tav 4, 4s), hanno confermato la composizione della malta, costituita da calce, pozzolana con aggregati ocracei e presenza di fibre vegetali.
Sempre in base alle analisi di laboratorio è stato possibile caratterizzarne alcuni pigmenti: i rossi (camp. 8) e i verdi (camp. 10, 12) sono a base di ferro, il verde è stato utilizzato da solo o mescolato con pigmento nero o steso su una preparazione grigia, l’azzurro è a base di smalto (camp. 11).
Attraverso la lettura a luce radente della superficie, è stato rilevato l’andamento e la dimensione delle giornate (vedi tav 5, 5d, 5s, 6), purtroppo non è stato sempre possibile definire i confini e le sovrapposizioni, soprattutto a causa dello stato di conservazione e dello schiacciamento dei bordi. Tuttavia è apparso evidente che si susseguono dall’alto in basso e da sinistra verso destra; le più piccole sono dedicate alle teste dei personaggi (fig 94, 109), ognuno una giornata a parte; unica eccezione il Bambino per il quale una stesura di intonaco, comprende la testa ed il busto (fig 95). Sempre in questa area si è individuata presenza di una piccolissima porzione di giornata sulle dita della mano destra della Madonna, forse frutto di un pentimento. Ad ogni putto che regge il tendaggio è dedicata una stesura di intonaco a parte (fig 93).
Le incisioni sono tutte da cartone, tranne che per alcune architetture: la colonna e la base presso S.Lorenzo e le scanalature dell’altra colonna vicino al S.Giovanni.
Incisioni indirette definiscono sia le figure che i panneggi (fig 110, 112, 113, 114).
In alcune zone particolarmente abrase, come il braccio destro della Maddalena, si sono individuate tracce di disegno preparatorio (vedi tav 6).

Sulle lesene laterali, le giornate sono orizzontali e spartiscono la decorazione in quattro porzioni, quella più piccola è dedicata alle figure sottostanti lo scudo (vedi tav 5d, 5s).
In questo caso le incisioni individuate sono solo di tipo diretto, tracciate per spartire i riquadri.
Per quanto riguarda le due candelabre raffigurate, durante l’intervento è stato possibile rilevare caratteristiche particolari e discordanti con il resto della policromia: l’intonachino è meno liscio e compatto, la pellicola pittorica è più corposa e spessa ed in genere lo stile è diverso dalla restante decorazione.
Questi elementi fanno ritenere che tali porzioni non siano coeve con la parte superiore delle lesene ed eseguite successivamente.

Cornica dorata

La cornice in stucco dorata a piccoli mascheroni, realizzata con foglia doro su bolo bruno ( fig 58), che perimetra l’affresco centrale dell’abside, appariva degradata e consunta in più punti (fig 30, 31); molto lo sporco depositato con particolare accumulo di vecchi fissativi alterati nelle zone più basse.
L’ampio rifacimento, che corrisponde alla zona dove si inseriva l’altare, era alterato con una cromia verde dovuta all’ossidazione della porporina utilizzata per imitare la doratura a foglia (fig 23, 24, 27, 28). Tale rifacimento è stato realizzato maldestramente anche per quanto riguarda il modellato, i rilievi realizzati a stampo, con gesso armato con stoppa, risultano infatti molto sommari ed approssimativi, così come appaiono poco curati i punti di giuntura fra le diverse porzioni di stucco.
Oltre a questo ampio rifacimento, se ne sono individuati altri, di ridotte dimensioni e corrispondenti alle zone di lesione (vedi tav 1), anche queste stuccature e riprese sono molto sommarie seppure volte a riprendere il dettaglio dei rilievi (fig 48).
In limitate porzioni, nella parte superiore della cornice e su zone molto consunte, è stato possibile rintracciare la presenza di una più antica doratura (fig 47); questa, sempre realizzata a foglia su bolo (che però è di colore più aranciato, meno scuro e applicato in strato meno spesso), è analoga come tonalità a quella successiva attualmente a vista, ma la foglia metallica è molto più sottile, probabilmente si tratta di un oro più puro. La sottigliezza della foglia e dello strato di bolo sottostante, rendono questa doratura più antica (e probabilmente originale) molto più efficace nel mantenere ed evidenziare i rilievi e i sottosquadri della decorazione in stucco, ed appare più raffinata rispetto a quella attualmente a vista.
Quest’ultima doratura, potrebbe essere ascrivibile ad un intervento in cui, sempre nel testo sopra citato, si fa menzione proprio ad un ripristino dell’oro nella zona dell’altare maggiore. A titolo informativo, si segnala altresì che l’attuale doratura è confrontabile con quella esistente sul cornicione dell’abside in peperino.

Interventi

È stato effettuato il preconsolidamento delle scaglie in oro sollevate o pericolanti mediante infiltrazioni localizzate di resina acrilica in emulsione opportunamente diluita in acqua ed a seguire, una accurata spolveratura con pennellesse morbide e.phpiratore.
I pochi distacchi di stucco, generalmente concentrati nella parte alta sono stati consolidati con lo stesso adesivo sopra mensionato, inserito ad iniezione più volte con diluizioni decrescenti.
La pulitura della cornice, non è stata difficoltosa, se non in relazione alla necessità di raggiungere i sottolivelli della modanatura; l’intervento è stato effettuato a tampone con acqua e tensiattivo, addittivando dove necessario e soprattutto per la parte bassa orizzontale, più sporca, una percentuale di alcool isopropilico (fig 30).
In accordo con la Direzione lavori, si è stabilito di conservare l’attuale doratura, in quanto quella sottostante, più antica (sopra descritta), risultava lacunosa e frammentaria nelle zone inferiori e quasi inesistente nella parte bassa orizzontale.
A seguito di ripetuti incontri con i restauratori dell’ICR, si è inoltre valutato il più idoneo intervento da adottare in relazione all’ampio rifacimento cromaticamente alterato; scartando l’ipotesi di eliminarlo completamente, sono stati effettuati saggi di pulitura, volti a rimuovere il più approfonditamente possibile l’alterazione della porporina, conservando però la struttura di gesso.
L’operazione si è rilevata piuttosto complessa a causa della gran quantità di sovrammissioni presenti: insieme alla porporina infatti, vi era presenza di rifacimenti effettuati probabilmente con colori a tempera e di un fissativo copiosamente applicato. Tramite i test di pulitura, è stata scartata l’ipotesi di utilizzare impacchi con solventi basici e polari, in quanto, seppure rimuovevano più agevolmente la porporina, non consentivano di controllare un eccessivo ammorbidimento del gesso, che durante la rimozione dello sporco, rischiava di essere consumato, peggiorando in tal modo il modellato, già di per se piuttosto approssimativo. L’uso dell’acqua come veicolo del solvente, è stato inoltre scartato anche per non rischiare di inumidire eccessivamente la zona e sollecitare l’igroscopicità del gesso che poteva danneggiare l’intonaco circostante.
Un buon livello di pulitura è stato raggiunto con un primo intervento a tampone con la miscela solvente TACO 8, in grado di rigonfiare il vecchio fissativo, seguendo un nuovo trattamento con acetone e provocando una leggera abrasione con piccoli pennelli di setola (fig 68).
Dopo la pulitura è stata applicata una mano a pennello di resina acrilica in soluzione (Paraloid B72),
effettuate le stuccature delle fessure e regolarizzati i bordi del rifacimento con stucco tipo modostuc.
La reintegrazione pittorica è stata limitata ad attenuare macchie eccessivamente scure di strato preparatorio e ad equilibrare le lacune e le abrasioni che lasciavano a vista lo stucco sottostante; nel primo caso si è utilizzato un oro in pasta tipo mica, poi opportunamente patinato con colori a vernice e nel secondo caso, la reintegrazione è stata effettuata con colori a vernice per restauro Maimeri.
Diverso invece il trattamento per la zona del rifacimento, ed anche in questo caso, la soluzione è stata scelta a seguito di vari campioni di presentazione estetica. Il sistema adottato è stato quello di applicare nuovamente una foglia d’oro, imitando al possibile la colorazione e lo stato di conservazione della restante cornice; le fasi sono state le seguenti (fig 106,107):
  1. applicazione di una tinta di base ad imitazione del bolo esistente sul resto della cornice, realizzata con terre ventilate (Maimeri) ed una piccola quantità di resina acrilica in emulsione;
  2. applicazione della missione facendo cura che la presenza dell’oro fosse per quantità e distribuzione simile a quella del resto della cornice;
  3. applicazione della foglia doro (tipo oro falso);
  4. trattamento della superficie consumando per abrasione la foglia metallica dove necessario e patinando la superficie sia con colori a vernice sia con pigmenti sciolti in gomma lacca.

Al termine su tutta la superficie è stato applicato un leggerissimo strato di vernice (tipo a retoucher) a spruzzo.

Conferenze 2007

 
Università degli Orefici Via S. Eligio, 7 - 00186 - Roma - Tel. 06-6868260- Fax 06-6868260 - E-mail: info@universitadegliorefici.it
Copyright © 2011 all right reserved - Design e comunicazione Altra|via Privacy Policy

Regolamento Europeo 679/2016 sulla Protezione dei Dati Personali
Ci teniamo ai Vostri dati e desideravamo informarVi che stiamo aggiornando la nostra mailing list in linea con le nuove norme europee sulla protezione dei dati (Regolamento UE 2016/679, meglio noto come GDPR), entrate in vigore il 25 maggio 2018. A breve sul nostro sito troverete tutti i dettagli sulle informazioni che raccogliamo, i motivi per cui trattiamo i vostri dati personali e i riferimenti del Data Protection Officer (DPO) a cui potrete rivolgervi per qualsiasi evenienza. Vi avvisiamo peraltro sin da ora che i Vostri dati personali saranno utilizzati esclusivamente per l'invio di comunicazioni relative alle nostre attività associative, istituzionali e la comunicazione di eventi e di iniziative ad essi collegate.